Avevo appena terminato l’impaginazione di Salvatore De Pasquale da Messina. Prima ricognizione critica delle opere quando una cara amica mi mise in contatto con Vittorio Ugo Vicari. L’autore del libro mi mostrò le opere di Libero Elio Romano (1909-1996) e fui colpito dalla loro potenza, rendendomi conto che avrei voluto conoscerne la produzione molto tempo prima: scoprire il lavoro di Romano sarebbe stato una chiusa perfetta alle mie tante missioni fotografiche nell’entroterra siciliano e, forse, avrei potuto catturare immagini della Sicilia che fossero in contrasto con le fotografie convenzionali del XX secolo sedimentate nella nostra memoria collettiva. Ancora una volta paesaggi interiori, ancora una volta un mio viaggio nell’Isola,
Dal puntuale studio di Vicari sono emerse interessanti indicazioni per tentare «di intraprendere una circumnavigazione della Sicilia che si inaugura con due uscite quasi contemporanee: Un agricoltore assai smozzicato. Formazione fiorentina e residenza siciliana di Libero Elio Romano (Vittorio Ugo Vicari) e Salvatore De Pasquale da Messina. Prima ricognizione critica delle opere (Andrea Italiano): Circuitus siciliæ, questo il titolo della collana editoriale, intende occuparsi di artisti siciliani, o stabilmente attivi in Sicilia, operanti nell’arco temporale che, dalla proclamazione del Regno d’Italia (1861) arriva all’epilogo della cosiddetta Età dell’Oro (1950-1973)»[1].
La pubblicazione Un agricoltore assai smozzicato «tratta dello spaccato esemplare di una biografia formatasi a cavallo tra le due guerre tra Catania, Roma e Firenze, che durante il ventennio maturò una maniera in bilico tra istanze artistiche internazionali, congiunture italiane e forme compiute di ‘resistenza culturale’ al regime fascista. Il giovane Libero Elio Romano ne emerge con lo statuto dell’eretico; il suo ritiro nelle campagne dell’entroterra siciliano durante e dopo la guerra, poeticamente corrisponde con la volontà di rifiuto che il suo amico Eugenio Montale ci lascia in pochi versi scarni. Romano vivrà larga parte della sua vita in disparte perché sa ciò che non è, ciò che non vuole, e silenziosamente, magistralmente dipinge ciò che più conta: la terra, i cicli della vita, le nature morte, le donne, le colline, il mare»[2].
[1]. Alessandro Mancuso, Un filo rosso tra fotografie e archivi (Nota dell’editore), in Andrea Italiano, Salvatore De Pasquale da Messina. Prima ricognizione critica delle opere, Venaria Reale 2021, p. 11.
[2]. Così Vittorio Ugo Vicari nella quarta di copertina del libro.