Ci sono connessioni tra Scultura e Fotografia? Tra scultori e fotografi?
La manipolazione delle immagini digitali, che oggi possiamo esercitare facilmente con un’App, è eticamente corretta? E, se si, fino a che punto? Da parte dell’Artista? Del Fotografo? Di terzi?
Constantin Brâncuși, che non faceva fotografare le sue opere da altri, se non da se stesso (per poter mantenere il controllo completo sull’output fotografico delle sue sculture), si è interessato e appassionato alla fotografia dopo aver incontrato Man Ray nei primi anni Venti del Novecento e certamente (secondo me) non avrebbe esercitato una tale supervisione sulla documentazione fotografica del proprio lavoro se non avesse incontrato un fotografo: un interessante incrocio tra discipline.
Dalle connessioni storiche tra Scultura e Fotografia ai cambiamenti tecnici nella mia professione – e in tutti quei campi in cui è coltivata –, la fotografia, tra questioni inerenti la documentazione (e pubblicazione), la protezione dei diritti di proprietà intellettuali, tra sfide legate all’archiviazione e alla diffusione di grandi quantità di file e tutti i vantaggi delle nuove tecnologie, ha reso l’arte accessibile a un pubblico sconfinato.
Certamente non ci sarà mai un sostituto all’altezza dell’incontro con un’opera d’arte originale ma, per molte persone, è probabile che il “primo appuntamento” con una scultura avvenga proprio attraverso la fotografia.
Dalla mia esperienza professionale iniziale, il fotogiornalismo, ho iniziato a fotografare sculture a Messina negli anni Novanta del secolo passato, esordendo con opere di “un certo Antonello Gagini” nel contesto del Museo regionale della mia città d’origine e, in tale funzione di fotografo per l’arte, sono da sempre stato incuriosito da quella sfida del rappresentare una forma tridimensionale in un medium piatto. Uno sviluppo affascinante, in parte perché queste opere offrono un potenziale creativo maggiore, oltre alla mera documentazione, e in altra parte perché chi sta dietro la fotocamera – improvvisamente – assume un ruolo nuovo, quasi di interprete. E proprio in questo ruolo – cosciente che il fotografo non svolge più soltanto la registrazione di quel manufatto ma diventa allo stesso tempo “autore”, influenzando il modo in cui le persone vedranno quelle opere o come queste saranno ricordate in futuro – torno all’aspetto tecnico della fotografia, agli sviluppi della stessa nel campo dell’elaborazione, della memorizzazione e della diffusione delle immagini, in cui c’è un altro aspetto da considerare: l’opportunità che abbiamo di ampliare la visibilità dell’arte verso un pubblico più vasto e su una scala che gli artisti, fino a un decennio fa, non avrebbero potuto immaginare e sperare. Gli scultori, ma tutti gli artisti in generale, d’altra parte, fanno oggi molto affidamento sul medium fotografico: una buona documentazione del processo di realizzazione ma, soprattutto, del lavoro finito, è molto importante non solo per i propri archivi ma anche per promuoversi artisticamente e commercialmente, tutte attività esaltate dai social media.
Il fenomeno che gli artisti trascorrono molto tempo per sviluppare post su Twitter e Facebook, fotografando il processo realizzativo di nuovi lavori o distribuendo in diretta sulle storie di Instagram immagini di loro stessi a lavoro, è ovviamente un comportamento per raggiungere un più vasto pubblico ma, allo stesso tempo, da fotografo, ho dei forti dubbi sul fatto che alcune fotografie siano convenientemente “instagrammabili”, nel senso che, pur avendo esse nella realtà un bell’aspetto, sui social-media potrebbero invece subire aberrazioni tali da ottenere un effetto boomerang.
Altro ruolo della fotografia (e dei fotografi): in alcuni casi, dove una scultura moderna potrebbe non sopravvivere, la sua riproduzione ne diventa la “copia originale” e questo aspetto diventerà più importante in futuro non solo per gli effetti dell’inquinamento ambientale su quelle opere esposte all’aperto ma anche per tutte quelle site-specific.
La ricerca della durabilità e riproducibilità ci porta anche ad esplorare altre possibilità creative nel campo scultoreo, come i manufatti da scansione e l’imaging 3D, basti vedere il progetto sul web denominato scan the world, ma questa è un’altra storia.
In questa fase di Emergenza Covid-19 (aprile 2020) si sta incoraggiando il pubblico a visitare virtualmente archivi e strutture museali accessibili on-line e questo sta facendo una grande differenza nella fruizione dei contenuti, riportando l’annosa questione della quantità di dati da gestire e archiviare che non è un grave problema per le grandi istituzioni (che dispongono tra l’altro di finanziamenti e personale) ma aumenta la disparità di questi con il singolo artista che lavora con budget limitati e che si trova ora non solo a generare più immagini che mai per alimentare i siti web e i flussi social ma deve anche trovare il tempo per archiviare correttamente tutti questi file. A tale proposito, la fotografia (digitale) è diventata un aiuto ma anche un ostacolo, invadendo il tempo che gli artisti trascorrevano nella realizzazione dei loro lavori.